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LE LITI FRA CANI

Perché il mio cane si butta pancia all'aria quando voglio accarezzarlo? Perché fa piccole gocce di pipì quando lo sgrido? Perché altri cani non obbediscono ai comandi? Perché a volte nei parchi scoppiano le risse fra cani? Si può sempre rispondere a queste domande, perché il cane non fa mai nulla senza un motivo. Sarebbe riduttivo rispondere "è testardo" o "è cattivo". In realtà il modo di comportarsi di un cane è una mescolanza di istinto e di apprendimento.

La cosa più saggia per capire certi comportamenti del cane è... osservare il cane. Purtroppo di solito incontriamo cani che sono già addomesticati e quindi hanno modificato in parte il proprio atteggiamento "naturale". Il cane addomesticato infatti ha imparato ad utilizzare i segnali che vengono recepiti più facilmente dal suo amico a due zampe, e a tralasciare quelli che non gli hanno mai portato alcuna risposta. In alcuni casi il cane arriva addirittura a inventare segnali dedicati esclusivamente all'uomo e che non userebbe mai con i suoi simili: è il caso del cosiddetto "sorriso" del cane, cioè quando il cane mostra i denti sollevando il labbro superiore in un modo del tutto peculiare, producendosi in un buffo ghigno, contemporaneamente a segnali di sottomissione. Alcuni gli assegnano un significato di sottomissione "con riserva" come a dire "mi avvicino a te con la coda fra le gambe, ma attento a quel che fai, sono armato". Però tale atteggiamento compare solo in età adulta, e solo in pochi cani, quindi non è un comportamento innato, ma appreso. Si ritiene pertanto che questo sorriso sia un'imitazione del comportamento umano: il cane ha capito che noi, quando siamo bendisposti verso di lui, scopriamo i denti, e quindi lui fa la stessa cosa per imitazione. Non è affatto una cosa strana, perché il cane manifesta anche altri tipi di comportamenti mimetici. Ad avallare questa ipotesi, c'è il fatto che il cane non sorride mai a un altro cane, ma solo all'uomo.

LA FORZA DEL BRANCO

Per comprendere certi comportamenti del cane, dobbiamo studiare i loro cugini più "naturali", privi di influenze della selezione artificiale e dell'addomesticamento: i lupi, che come i cani sono animali che vivono in branco. In un altro mio articolo (disponibile qui) ho già parlato del branco per definire i rapporti fra uomo e cane. In questo articolo parlerò del branco in maniera più classica, cioè di quello che accade in natura.

Senza riprendere i concetti dell'altro articolo, ricordo che il branco non è semplicemente un insieme di individui, ma una famiglia ben organizzata, dove gli individui hanno un preciso rapporto fra loro, si conoscono, comunicano e soprattutto cooperano.

A capo del branco c'è solitamente un maschio dominante (maschio alfa), e seguono poi diversi gradi di importanza. Attenzione a non commettere il solito errore di antropomorfizzazione! I soggetti più in basso nella scala gerarchica non si sentono frustrati o sfortunati: è vero che possono mangiare solo per ultimi, che non possono accoppiarsi e che si devono buttare pancia all'aria cento volte al giorno per mostrare sottomissione, ma non sono infelici per questo: essi rispondono alla loro natura. L'unico modo per renderli infelici sarebbe quello di costringerli a occupare un ruolo che non sono in grado di ricoprire, rendendoli stressati e nevrotici: questo è un punto fondamentale da ricordare, perché è quanto spesso accade quando decidiamo di adottare un cane nella nostra famiglia, ed è alla base di molti problemi comportamentali del cane.

Ma torniamo ai lupi e ai cani selvatici. Come si decide chi comanda? Se il branco nasce da una coppia, ovviamente i genitori sono gli insegnanti dei cuccioli, e nessuno si sogna di mettere in dubbio la loro autorità: quindi i genitori sono il maschio e la femmina alfa per antonomasia. L'anno successivo, dopo gli accoppiamenti, arriveranno dei nuovi cuccioli che si troveranno di fronte all'autorità indiscussa dei capostipiti ma anche dei fratelli e della sorelle maggiori. Si creeranno così gradi intermedi di rilevanza sociale.

Ma i branchi non nascono solo dai genitori coi rispettivi figli. Quando due coppie di lupi si incontrano, è possibile che decidano di unirsi in un unico gruppo (in base al numero e alle risorse alimentari del territorio). Questo accade perché gli animali sociali "sanno" per istinto che un gruppo ha maggiori possibilità di sopravvivenza rispetto alla coppia (collaborano nella caccia, si difendono da lupi di altri branchi...). A volte accade che uno dei due maschi sia palesemente superiore all'altro, così l'altro accetta senza problemi un ruolo secondario. Se i due invece pensano di essere alla pari, si arriverà allo scontro.

LA LOTTA PER IL POTERE

Quando i lupi o i cani selvatici combattono per il posto di capobranco, non dovete immaginare duelli all'ultimo sangue. Madre Natura è interessata alla sopravvivenza della specie, e gli animali sociali non sprecano la propria vita per sciocchezze come un "posto da dirigente". D'altro canto è necessario che sia proprio il maschio più forte ad essere il capobranco, perché in caso contrario l'intero gruppo sarebbe destinato alla rovina. Quindi l'unico modo possibile per capire chi è il migliore fra due maschi che si sentono alla pari è lo scontro. Ma se lo scontro fosse all'ultimo sangue, si creerebbero due paradossi: il primo è che anche il vincitore potrebbe restare gravemente ferito e rischiare di non sopravvivere o comunque di non poter espletare al meglio le proprie funzioni di capobranco. Il secondo paradosso è che il soggetto perdente è comunque un ottimo soggetto, sano e forte (altrimenti non avrebbe mai sfidato l'altro maschio dominante); probabilmente, dopo il vincitore, è il soggetto migliore del gruppo, il più forte rispetto a tutti gli altri che si sono subito mostrati sottomessi. Quindi la sua morte in duello sarebbe uno stupido spreco in termini biologici.

IL COMBATTIMENTO RITUALIZZATO

Madre Natura non è come l'essere umano: per lei il concetto stesso di "spreco" è intollerabile. Quindi il problema del combattimento fra dominanti è stato risolto con la "ritualizzazione". Prima di arrivare davvero a mordersi, i due contendenti seguono una sorta di protocollo ben definito, fatto di mimiche e atteggiamenti che nella maggior parte dei casi sono sufficienti a definire i ruoli. Un po' come se due pugili si mostrassero i muscoli l'un l'altro e decidessero su questa base chi è il vincitore. E' molto raro che la ritualizzazione sia insufficiente e che si passi alle vie di fatto.I combattenti adottano mimiche facciali, posture del corpo, della coda e delle orecchie, orripilazione del pelo e vocalizzi per spaventare l'avversario. Ognuno di questi atteggiamenti a sua volta può avere diversi gradi di intensità: ad esempio, esistono almeno tre modi per mostrare i denti, ognuno con un diversa intensità di dominanza. Questa grande combinazione di atteggiamenti rende possibile diversi gradi di dominanza o sottomissione; non si vede quasi mai un soggetto del tutto dominante e uno del tutto sottomesso (se così fosse, non si arriverebbe nemmeno al confronto). La postura classica del capo è quella che tende a "ingrossare" il corpo: atteggiamento frontale, orecchie in avanti, testa e coda dritta, denti scoperti, zampe irrigidite, pelo orripilato. Viceversa, l'atteggiamento di sottomissione tende a "rimpicciolire" il corpo (coda bassa o fra le gambe, testa e orecchie basse...). Nella maggior parte dei casi i soggetti mostrano una mescolanza di elementi di dominanza e sottomissione (ad esempio, denti scoperti e coda fra le gambe), e solo un occhio esperto può prevedere come finirà lo scontro.

Al termine di questa coreografia di abbai, ringhi e minacce, uno dei due combattenti si arrenderà, mostrando sottomissione. Il gesto più plateale è buttarsi a pancia all'aria, ma in realtà non sempre si arriva a tanto: spesso lo scontro termina con la fuga. La fuga stessa può essere ritualizzata, limitandosi a voltare il capo di lato (come se fosse l'inizio di una fuga). Nel caso dei lupi o dei cani selvatici è rarissimo che si arrivi a dover usare le zanne. La straordinaria invenzione della lotta ritualizzata che ha escogitato la natura, però, è rovinata dalla mano dell'uomo: infatti nel cane domestico è molto più facile passare alle vie di fatto. In pratica, il cane domestico è più feroce del lupo selvatico. Più avanti vedremo cosa abbiamo combinato per inceppare il meraviglioso meccanismo biologico escogitato da Madre Natura.

Ma torniamo alla fine dello scontro. Se il lupo sottomesso si è buttato pancia all'aria, mostrando inerme la propria gola, a questo punto il vincitore potrebbe dare un morso definitivo e liberarsi del maschio impertinente che ha osato sfidarlo. Sappiamo che alcuni esseri umani, al loro posto, farebbero questo; ma fra lupi questa cosa non accade mai. Non certo per codice cavalleresco: in realtà nel cane dominante, di fronte ad un gesto di sottomissione, si attiva il cosiddetto meccanismo di inibizione, un comportamento innato che non ha niente a che fare coi valori etici. Nella figura sottostante, il perdente è pancia all'aria, ha smesso di sfoderare le zanne, porta le orecchie indietro: sta comunicando sottomissione all'altro lupo, evitando spiacevoli conseguenze. Il lupo vincitore non lo morderà: preferisce avere un ulteriore sottoposto anziché un nemico morto. 

Il meccanismo di inibizione è un meccanismo innato (quindi trasmesso geneticamente) che viene consolidato nel primo periodo di vita, quando i cuccioli si gettano pancia all'aria (il che accade in continuazione) e scoprono che questo è il modo giusto per tranquillizzare un genitore seccato che lo sta "sgridando" oppure un fratellino che lo sta sottomettendo. Questo è uno dei motivi per i quali i cani cresciuti coi genitori imparano meglio e più in fretta le regole del "galateo canino".

Spesso accade che una persona voglia prendere un cane il più piccolo possibile, magari subito dopo lo svezzamento, credendo che più piccolo è il cane, più si affezionerà e più si abituerà agli umani. Questo è uno degli errori più grossolani che si possano commettere: in questo modo il piccolo non avrà ancora ricevuto le giuste lezioni dalla madre, e non conoscerà bene le scale gerarchiche, la potenza del proprio morso, la socialità coi suoi simili, e così via. Da grande quindi rischia di essere un cane che si avvicinerà ai suoi simili senza conoscere il linguaggio rituale della dominanza e della sottomissione. Non capirà cosa vuole il suo simile che ha di fronte, non riuscirà a farsi capire da lui, e questo creerà non pochi equivoci; in questo modo lo scontro fisico, con tutte le sue spiacevoli conseguenze, sarà molto probabile.

A peggiorare le cose c'è poi il proprietario non informato, il quale, vedendo il proprio cane snudare le zanne di fronte ad un altro cane, per evitare lo scontro tirerà il guinzaglio per allontanare i due contendenti, e in questo modo si intrometterà nel "dialogo" fra i due, modificando la postura del corpo, l'atteggiamento del proprio cane, o addirittura impedendogli la fuga, rischiando così di creare ulteriori equivoci che sfoceranno nell'aggressione fisica.

IL CANE SI COMPORTA COME IL LUPO?

Il combattimento ritualizzato serve a stabilire i ruoli senza spargimenti di sangue. Purtroppo la selezione artificiale delle razze canine ha inceppato questo meraviglioso meccanismo, che può essere ulteriormente complicato dal proprietario che si intromette nel "dialogo" e dalla diffusa antropomorfizzazione che spinge molte persone, anche inconsapevolmente, a educare il cane come se fosse una persona, non rispettando i bisogni e le caratteristiche della specie canina (i cosiddetti cani "viziati").

Le razze meno "pasticciate" dall'uomo, quelle più primitive, si comportano in maniera più "lupina", ovvero più naturale, quindi sono quelle maggiormente predisposte alla ritualizzazione del combattimento. Fra queste razze vi sono ad esempio il Cane Lupo Cecoslovacco, il Siberian Husky, il Cane di Canaan.

Esistono però anche razze nella quali la selezione artificiale è stata molto più intensa, arrivando ad inibire (più o meno volutamente) i segnali di pacificazione e di sottomissione. E' il caso dei bassotti e dei terrier da tana, che sono stati resi supertemerari, per far sì che il cane non fuggisse di fronte ad animali più grossi di lui; in questo modo i segnali di sottomissione o la fuga si manifestano raramente, e gli scontri possono arrivare all'aggressione fisica.

Per non parlare delle cosiddette razze pericolose: pitbull, american staffordshire, cani da presa, che in origine furono creati con l'obiettivo -purtroppo- di uccidere i loro simili per la gioia perversa degli scommettitori. Dietro a queste razze c'è un lavoro genetico che si proponeva di selezionare la forza fisica, la resistenza al dolore, l'aggressività e annullare i meccanismi di inibizione alla sottomissione. Questi cani possono essere davvero pericolosi quando unitamente alla selezione genetica si unisce uno specifico addestramento al combattimento, il cui obiettivo centrale è eliminare la naturale ritualizzazione della lotta. La terribile immagine sottostante testimonia cosa è in grado di combinare l'uomo. Il cane a terra è evidentemente già sconfitto e sottomesso, ma il vincitore continua a morderlo, in certi casi fino alla morte: attraverso l'addestramento violento, l'uomo ha annullato il meccanismo di inibizione.

Fortunatamente già da diverse generazioni non si seleziona più il carattere dell'aggressività, e l'addestramento al combattimento oggi è severamente punito dalla legge italiana; insomma, in qualche modo si sta (almeno nei paesi civili) tornando indietro. Nonostante la tendenza al sensazionalismo e al terrorismo psicologico di certi mezzi di informazione, non è affatto raro incontrare cani delle cosiddette razze pericolose che sono docili come agnellini. In ogni modo, i caratteri genetici non si annullano completamente di colpo, quindi se avete un cane appartenente a queste razze, non contate sulla ritualizzazione del combattimento: quello che farà la differenza sarà l'educazione che avrete impartito al vostro cane.

Riassumendo: è sbagliato evitare il contatto fra cani, perché si creano problemi nella socializzazione; è sbagliato tirare il guinzaglio o prendere in braccio i cani mentre essi si avvicinano reciprocamente, perché si rischia di creare equivoci e di peggiorare la situazione. Osservate l'immagine sottostante: per la paura di un'aggressione, il proprietario sulla destra tiene il guinzaglio in tensione, impedendo al cane bianco di assumere una postura adeguata per una corretta "conversazione" con l'altro cane, e impedendogli la fuga. Questo porterà a segnali equivoci che potrebbero indurre l'altro cane all'attacco. La differenza dei due proprietari rispecchia l'indole del cane. Quello nero, condotto correttamente, ha la coda e le orecchie rilassate, ha un fare amichevole. Il cane bianco, "vittima" di un proprietario disinformato, è spaventato, sulla difensiva, e potrebbe mordere.

E allora? Il proprietario del cane bianco dovrebbe allentare il guinzaglio e lasciare che i cani se la sbrighino da soli? Purtroppo non sarebbe saggio: come già detto, la genetica e l'educazione non appropriata hanno turbato gli equilibri della natura, rendendo meno probabile la ritualizzazione del combattimento. 

Dunque, cosa si può fare per evitare che una passeggiata al parco col nostro cane si trasformi in una zuffa con feriti e corse dal veterinario? Con l'aiuto di un medico veterinario comportamentalista o con un bravo educatore cinofilo, e con tanta pazienza, ovviamente è possibile rieducare un cane problematico (e informare il proprietario); ma la cosa migliore da fare è prevenire questi comportamenti indesiderati, rispettando la natura del cane, educandolo senza stravolgere i suoi modelli comportamentali e sociali, imparando il suo linguaggio (non vi sto chiedendo di imparare ad abbaiare...) e ciò che la natura ha previsto per lui, ricordando sempre che un cane non è un essere umano a quattro zampe. Dobbiamo conoscere le tappe di crescita e di apprendimento del cucciolo, dobbiamo adottarlo a una giusta età, dobbiamo crescerlo in un ambiente consono, e soprattutto dobbiamo imparare a capirlo e farci capire da lui per insegnargli cos'è la gerarchia. In una parola, quando si adotta un cane dobbiamo assumerci le nostre responsabilità.

E' un lavoro impegnativo che richiede l'aiuto di veterinari o educatori cinofili: diffidate sempre del "consiglio dell'amico"; se questo lavoro verrà eseguito correttamente vi eviterà molte noie e garantirà a voi e al vostro amico a quattro zampe una convivenza sana, tranquilla e molto gratificante per entrambi.





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