Avete letto bene: anche il gatto soffre
di herpes! Ma non dovete pensare alla classica lesione delle labbra
che appare sull'uomo: nel gatto, infatti, la malattia ha sviluppi completamente diversi.
Eppure ci sono alcune analogie molto interessanti.
Il mio gatto può attaccarmi l'herpesvirus?
Oppure posso attaccarglielo io?
No ad entrambe le domande. Sebbene
abbiano lo stesso nome (perché appartengono alla stessa
"famiglia"), sono virus specie-specifici, il che significa che
c'è il virus umano
e quello felino: quindi uomo e gatto non possono contagiarsi a
vicenda.
Che differenza c'è tra l'herpes umano
e quello felino?
L'analogia più importante fra le due
malattie è la latenza: il che significa che una volta che l'uomo (o
il gatto) è entrato in contatto col virus, non può più
liberarsene, perché esso si nasconde in strutture nervose (ganglio
del trigemino). Quindi sarà portatore a vita, e in caso di eventi
stressanti (viaggi, cambiamenti di ambiente, terapie antinfiammatorie
o cortisoniche, chirurgie, malattie concomitanti, sovraffollamento,
stress psicologici...), il virus uscirà allo scoperto, provocando
nuovamente i sintomi.
La differenza più importante fra le
due herpesvirosi è che i sintomi sono diversi. Nel gatto,
infatti, non vengono colpite le labbra, ma la mucosa nasale e quella
congiuntivale.
Come fa il gatto a prendersi
l'herpesvirus?
Il virus si trova sia nell'ambiente
casalingo che all'aperto e si trasmette molto facilmente attraverso
starnuti e saliva fra gatti che vivono a stretto contatto (cucciolate, latte materno, gatti conviventi); invece la trasmissione
indiretta, cioè attraverso ciotole, trasportini o altri oggetti, è
meno frequente, perché il virus è poco resistente nell'ambiente:
vive meno di 18 ore nell'ambiente e viene neutralizzato dai comuni
detergenti. La modalità più frequente di
trasmissione è quella dalla madre ai cuccioli. La trasmissione
transplacentare (cioè in utero) non è mai stata dimostrata.
Generalmente accade che lo stress del parto riacutizza l'herpesvirosi
della madre, così il virus esce allo scoperto e viene trasmesso ai
piccoli attraverso i leccamenti e/o gli starnuti.
Cosa accade in corso di herpesvirosi?
I sintomi sono differenti in base alla
capacità di reazione del sistema immunitario del gatto. Nei casi più
lievi, il virus si limita a dare congiuntivite e rinite (esistono
anche localizzazioni diverse ma sono meno comuni), causando starnuti,
scolo nasale e scolo oculare sieroso o sieroemorragico.
A volte il virus raggiunge la cornea
(la parte anteriore e trasparente dell'occhio), creando erosioni
corneali che possono anche evolvere in ulcere corneali (più
profonde).
Quando la malattia si presenta in forma
più aggressiva, possono insorgere complicazioni (spesso di natura
batterica). Le più comuni sono il simblefaro (aderenza tra la
congiuntiva e le palpebre), pseudopterigi (membrane congiuntivali che
coprono l'occhio), epifora cronica (scolo oculare di difficile o
impossibile risoluzione), cheratocongiuntivite secca transitoria o
permanente (l'occhio non produce abbastanza lacrime e si secca),
ophtalmia neonatorum (mancata apertura delle palpebre nel
neonato che crea una sacca piena di materiale infetto), e forme
immunomediate (per modificazioni irreversibili che il virus ha
indotto sulla mucosa nasale).
Sono possibili anche lesioni quali
ulcere della lingua o del palato (spesso per coinfezione con
calicivirus), ulcere cutanee, dermatiti, segni neurologici,
polmoniti. La morte è comunque un'evenienza poco comune.
La sintomatologia generalmente è più
grave nei gattini piccoli, e a volte richiede il ricovero, perché i
gattini per via della forte congestione nasale non percepiscono più
l'odore del cibo e smettono di alimentarsi; invece negli adulti di
solito i sintomi sono più lievi. E' possibile che si instaurino
delle lesioni irreversibili (immunomediate), in particolare dei
turbinati nasali; in questi casi la rinite sarà cronica e poco o
affatto responsiva ai trattamenti.
Come faccio a sapere se il mio gatto ha
l'herpesvirus?
Il modo migliore per diagnosticare
l'herpesvirus è la visita clinica nel momento in cui sono presenti i
sintomi. Esistono diversi test di laboratorio: PCR, IFI, titolazioni
anticorpali... ma in realtà, hanno un'utilità limitata, per diversi
motivi, ma soprattutto perché moltissimi gatti (70-90%) sono infetti
ma non malati, quindi “trovare” il virus non significa
diagnosticare la malattia.
La diagnosi, pertanto, resta
essenzialmente clinica. La ciclica recrudescenza dei sintomi è uno
dei dati più caratteristici.
Al mio gatto è stata diagnosticata un
herpesvirosi: e ora?
Nelle infezioni lievi e non complicate,
i sintomi durano una decina di giorni, richiedendo solo terapie di
supporto; dopodiché il virus si nasconde all'interno dell'organismo
e il gatto diventa portatore a vita (infezione cronica latente). Nel
50% dei gatti infetti, il virus uscirà periodicamente dal suo
nascondiglio, causando ciclicamente delle ricadute, specialmente in
concomitanza di eventi stressanti (viaggi, traslochi, chirurgie,
terapie cortisoniche o antinfiammatorie...). In queste occasioni il
virus potrà essere trasmesso ad un altro gatto: in pratica la stessa
cosa che si verifica nell'herpes labiale dell'uomo. Non esiste una terapia che elimini
completamente il virus dall'organismo; però possiamo comunque
aiutare i gatti malati, combattendo il virus quando “esce allo
scoperto” (cioè quando dà i sintomi). Abbiamo a disposizione
diversi farmaci (specialmente colliri) che rendono la vita difficile
al virus, limitando la durata e la gravità dei sintomi. Alcuni
farmaci hanno una diretta azione contro il virus che si trova “allo
scoperto”, altri combattono le complicazioni batteriche, altri
ancora promuovono la guarigione delle lesioni. Questi farmaci si
dovranno utilizzare ciclicamente, ogniqualvolta il gatto presenti
delle ricadute.
Di utilizzo piuttosto recente sono
inoltre delle specifiche integrazioni quotidiane di amminoacidi,
quindi prodotti naturali, che somministrati per bocca quotidianamente
insieme al cibo interferiscono con il ciclo replicativo del virus,
riducendo la frequenza delle ricadute.
La prevenzione
Oltre naturalmente ad evitare il
contatto fra gatti infetti, è bene che tutti i gatti siano
vaccinati. Il vaccino si effettua preferibilmente in giovane età
(8-9 settimane) e va richiamato inizialmente dopo tre settimane, e in
seguito annualmente oppure ogni tre anni (a seconda delle condizioni
ambientali e dello stile di vita del gatto). Il vaccino stimola una
buona risposta cellulomediata, il che significa che, pur non
proteggendo dall'infezione, protegge molto bene dalla malattia.
Quindi un gatto vaccinato può comunque contrarre l'infezione, ma la
malattia si presenterà molto più difficilmente (ricordate che
“infezione” è diverso da “malattia”), e anche qualora lo
facesse, sarà comunque molto più lieve e transitoria, e la
trasmissibilità del virus ad altri gatti sarà ridotta.
La vaccinazione di gatti che soffrono
di patologie immunosoppressive o che sono in terapia con
antinfiammatori deve essere attentamente valutata dal veterinario.
Esistono vaccini intranasali la cui
efficacia è ancora oggetto di studi; vengono utilizzati in alcuni
Paesi (USA) ma non sono disponibili in Europa.
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